Nobuya, Niimori Nobuya, nato a Tokyo, mezzo secolo festeggiato lo scorso anno, con quasi trent’anni vissuti in Giappone e poi i restanti venti in Italia perché folgorato dalla nostra cucina, senza per questo voltare le spalle a quella di casa sua. Da rimarcare Nobu come insegna del suo Paese più importante una volta giunto da noi e Moreno Cedroni a livello di creatività italiana, non a caso il padre dei susci tricolori.
Il diretto interessato parla poco, brilla per riservatezza e sa comunicare modulando un leggero sorriso ironico. Gli occhi completano il tutto dando regolarmente l’impressione di imbarazzarsi per i complimenti che riceve, adesso nel locale che porta il suo nome e prima al SushiB in Brera, chiuso ormai sei anni fa. Sarebbero seguite consulenze lungo tutta la penisola, ne ricordo ad esempio una ottima al resort San Barbato a Lavello in Basilicata.
Ma mentre un tempo all’oratorio, con campi più da calcetto che da calcio, tre angoli facevano un rigore, nella ristorazione nemmeno dieci collaborazioni fanno un ristorante. Così ben venga l’idea dell’imprenditore cinese Andrea Lin di finanziare, dopo la sua catena di all you can eat nel Nord Italia, il luogo di Nobuya in una breve via a gomito tra corso Magenta e piazza Cadorna, via San Nicolao. Senza spiegare bene dove se ne stia, tutti la ignorano perché tutti la viviamo come scorciatoia.
Fa nulla. Proprio dove la strada cambia direzione ecco l’ingresso e le vetrate di un posto destinato a lasciare il segno, per bontà, ci mancherebbe altro, e per bellezza grazie all’architetto Maurizio Lai, lo stesso dei locali di Claudio Liu. Due sale, una ventina di coperti per parte, direttore Emanuele Palladino, cantina…
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