Primo giorno di apertura il 14 settembre scorso, meno di due mesi fa, lui alle braci e lei in sala. Maicol è cresciuto tra Andrea Berton a Milano, Gianfranco Pascucci a Fiumicino e il Palmizio ad Alba Adriatica, Federica invece nell’hotel di famiglia sulla costa. Ha detto Maicol: «Berton mi ha insegnato l’organizzazione della brigata, del lavoro; il Palmizio il rispetto della materia prima; Pascucci invece mi ha dato un consiglio fondamentale: “Quando fai il menù, ricordati che io, prima di avere un ristorante stellato, ne ho serviti di fritti misti e pasta allo scoglio”».
Li troviamo nella parte vecchia di un comune che non raggiunge le 2mila anime, piano terra di una casa in curva con uno stretto spazio esterno che tornerà utile a primavera-estate. Adesso tutti dentro, in ambienti dove trionfano i mattoni di argilla piena, due le sale principali, con la prima, dalla quale si vede la strada, dominata sul fondo da un forno a legna e da un camino che Maicol alimenta con le braci raccolte nella bocca accanto, sulle quali prepara le costate di manzo, il tomahawk di maiale e il piccione. Zero fiamme vive per rispettare al massimo la materia prima, scelta con estrema attenzione.
Con una cucina vera e propria all’altro capo del locale, dalla quale escono i primi, tutto il resto viene curato e impiattato su uno splendido tavolo da falegname rimesso a nuovo. Impossibile non notare, appoggiato in un angolo, un prosciutto crudo 20 mesi tagliato a mano. Tutto in movimento: Battuta di manzo e funghi del giorno, nel mio caso porcini; Cacio fritto, rosmarino e limone; Terrina di patate, verza e mele; Coratella di agnello in casseruola; Trippa di bovino; Bottoni di ricotta con brodo di cappone; Minestra di tubetti e porcini, dal sapore particolarmente marcato per i diversi usi degli stessi…
Continua a leggere qui.