Se in Italia contrapponiamo la tradizione all’innovazione, in Spagna il raffronto è con el producto, con il prodotto nella sua fiera purezza. E’ il caso, da noi, del Palmizio sul lungomare di Alba Adriatica, secondo comune abruzzese arrivando da San Benedetto del Tronto. Tutto ebbe inizio nel 1972 con Claudio Di Mattia che aprì lo chalet La Risacca lì sulla spiaggia, all’altezza del civico 160 di viale Guglielmo Marconi, stesso indirizzo per il ristorante che avrebbe visto la luce nel 1980 e subito dato in gestione. Scaduto il contratto, i Di Mattia lo avrebbero ripreso, ristrutturato e riaperto nell’88 quando cedettero lo stabilimento. Una famiglia, un’insegna, con mamma Liliana in cucina. Il figlio Valerio, classe 1972, sarebbe arrivato in sala nel ’94 e la nuora Yelena Kovalyova, siberiana, nel 2002 ma in cucina. Tre lustri una accanto all’altra, poi solo Yelena perché per tutti e tutte arriva il momento di tirare il fiato.
Il Palmizio viene presentato come “Cucina di mare, specializzati nella lavorazione del pescato locale, solo pesce fresco dell’Adriatico”. Lo dicono in pratica tutti, ben pochi però lo scrivono perché non è per tutti vero al 100 per cento. E non è solo una questione di origine, di dove quello che ti viene servito è stato issato a bordo. La politica dell’Unione Europea è di arrivare ad abolire la pesca a strascico entro il 2030 nel nome della biodiversità marina, della salute degli ecosistemi marini e il contrasto dei mutamenti climatici. Giustissimo sia chiaro, però la riconversione dei pescherecci, rottamati a peso d’oro, sembra pensata anche per avvantaggiare le esportazioni di Paesi diversi dal nostro. Senza dimenticarci che, per ogni naviglio fermato, si inaridisce l’intera filiera a terra, compresa la possibilità per la ristorazione di lavorare direttamente il pescato del suo mare di riferimento. Pesce libero versus pesce di allevamento, che sovente fa gridare allo scandalo tanto grasso e…
Continua a leggere qui.