Tradizione o innovazione? Locale o globale, cosa amiamo cercare e trovare in un ristorante? Tutto il meglio di cibo e vino, ovvio, ma soprattutto sentirsi a proprio agio, stare bene e gustare qualità, serviti con attenzione da persone sorridenti e garbate, che non si fanno pregare per riempirti di acqua o vino il bicchiere, che sanno cogliere i tuoi desideri senza anteporre chissà cosa a quello che ti piacerebbe ti fosse portato in tavola.
Tutto questo ricordato perché Hagakure Noh Samba a Bari non è certo un’insegna di sapienze pugliesi, il crudo sì ma certo non cozze e ostriche, gamberi e scampi, tartufi e seppie su un letto di ghiaccio. Chi undici anni fa, nel 2012 in via Amendola, diede il là a un progetto molto ben articolato, i fratelli De Giglio, Vincenzo classe 1987 e Gianpiero 1989, sposò tra loro il mondo giapponese, il rigore del teatro del Noh come immagine, e quello brasiliano, l’energia del samba. Frettolosamente viene da dire sushi in salsa sudamericana, ma è limitativo: «Con Hagakure volevamo creare qualcosa di diverso, che i baresi non conoscessero». Missione compiuta, supportati in questo da genitori armatori, proprietari di cinque pescherecci di medie-piccole dimensioni.
Oggi abbiamo un gruppo variamente articolato su più formule: Hagakure, uno a Bari e un secondo a Monopoli; Noh Samba solo nel capoluogo proprio come Andy Havlik patisserie, pasticceria aperta perché possa esprimersi al meglio il pastry chef…
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