Il titolo del nuovo menù di Massimo Bottura all’Osteria Francescana non è cambiato. Si chiama sempre With a little help from my friends, ma i Beatles, e i piatti ispirati dalle loro musiche e parole, hanno lasciato spazio a tutt’altro. Dai quattro di Liverpool si è passati, in via Stella 22 a Modena, ai 13 + 1, per un totale di 14, numeri che vanno spiegati. Bottura ha infatti confezionato un menù che è un omaggio alla cucina italiana d’autore, a quei suoi colleghi che secondo lui hanno illuminato più di tutti gli altri la scena negli ultimi sessant’anni. E le sorprese non mancano in questo costruire una Nuova Tradizione Italiana.
Gli omaggi non sono mai mancati e mai mancheranno. Hanno soprattutto valore tra due colleghi di pari fama, come segno di stima, oppure quando è un simbolo che rende onore a un giovane, a chi non è ancora arrivato all’apice della carriera ma la sua cifra è già chiara, almeno a chi sa leggere le cose senza pregiudizi. Sovente sono sviolinate di chi, piccino di suo, cerca pubblicità e a me interessano ben poco.
Il modenese non è nemmeno nuovo in materia. Nel novembre del 2017 uno apriva la carta della Francescana e, alla voce antipasti, leggeva Omaggio a Ciro Oliva, il Ciro Oliva di Napoli, un gnocco fritto alla salsa di pomodoro, con crema di scamorza, acciughe, pomodoro e basilico. Ecco, se pensiamo a questo precedente, ma anche senza tale riferimento, nel pantheon di Bottura manca un pizzaiolo e, di conseguenza, una pizza.
Non vedo l’ora arrivi il 23 giugno per gustare il menù e chiedere a Massimo i perché delle scelte. Ci sono molte vie per arrivare a comporre un elenco, motivare delle scelte. Diciotto piatti smontati e rimontati, che dalle foto circolate in questi giorni si capisce che sono proposti mediati dall’universo Bottura, ripensati come se visti da tot chilometri lontani dalla superficie terrestre. Non saprei nemmeno dire quanto sia immediato ricondurli all’originale senza avere il menù davanti a sé.
Diciotto ricette ma non altrettanti cuochi e altrettante cuoche. Siamo davanti a tredici chef, quattordici con lo stesso modenese che si è tenuto l’ultimo atto con il Camouflage, la cui primissima versione risale al 2012. Primissimo passo con Ciccio Sultano che, giusto ricordarlo, con Massimo nel 2006 firmò il libro il PRO. Attraverso tradizione & innovazione. Seguono Giancarlo Perbellini, Fabio Picchi, Salvatore Tassa, Gualtiero Marchesi, Fulvio Pierangelini, Nino Bergese (nella foto in alto), Mirella Cantarelli, alle quale si devono le due creazioni più lontane nel tempo, il Savarin di riso (nella foto sopra) e la Farona alla creta, entrambe del 1963, Igles Corelli, Gianfranco Vissani, la Famiglia Santini e non la sola Nadia Santini, perché i Tortelli di zucca in quella casa appartengono a ogni generazione, Corrado Assenza e, infine, Gennaro Esposito. Doppia scelta per quattro di loro: Marchesi, Bergese, Cantarelli e Corelli. E il padrone di casa, posso assicurarlo letti i nomi, non si è fatto influenzare da personali simpatie e antipatie. Ha guardato diritto ai piatti.
Qui il link al pezzo nel sito di Identità Golose, frutto dell’ottimo lavoro di squadra della redazione formata da Annalisa Cavaleri, Marialuisa Iannuzzi, Carlo Passera, Niccolò Vecchia e Gabriele Zanatta.