Una parola di sei lettere, che trovo suoni davvero simpatica, per contraddistinguere un Capolavoro italiano in cucina, fiorentino per la precisione: Peposo. Piatto di carne, una ricetta di umilissime radici che ci riporta indietro nel tempo, a cavallo tra Tre e Quattrocento, all’Impruneta, comune a sud del capoluogo toscano famoso per le sue terrecotte. Ora come allora abbiamo un muscolo cotto a lungo in vino rosso e pepe che Valeria Piccini, gran signora dei fornelli al Caino di Montemerano in Maremma, ha celebrato a Striscia la notizia il 10 marzo.
Con la ricetta depositata alla camera di commercio di Firenze, da rispettare su uno vuole vantarsi di proporre il Peposo all’imprunetina, quello che davvero è mutato nei secoli è lo stato di conservazione della carne, oggi fresca, corretta ma un tempo frollata ai limiti dell’improponibile, da chiamare vino e pepe per coprire odori assai pesanti. Ha ricordato la Piccini: «Veniva cotta in un coccio messo in bocca di forno, quando le fornaci
riposavano. Ci vuole un taglio non troppo nobile, di seconda qualità, un muscolo ad esempio che va tagliato a pezzetti. L’importante è che siano il più possibile uguali perché si cuociano uniformemente».
Prima però vanno preparati: «I tocchi vanno messi in infusione per qualche ora o per una notte se uno ne ha la possibilità. Vino rosso, aglio, il pepe nero intero e il pepe nero schiacciato, rosmarino e io ci metto anche una cipolla per addolcirlo leggermente, altrimenti il sapore del vino resta un po’ forte. Essendo io sono astemia, lo preferisco con la cipolla». Nota a margine: guai aggiungere…
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