Grazie a questo libro sono riuscito a dare risposta a una domanda che mi segue da anni. Se fate caso tantissimi chef stellati si dichiarano autodidatti ed è sorprendente perché, a parte la pittura, dove esistono i naïf, non esiste in pratica professione e mestiere che non richieda lunghi studi, soprattutto se si punta in alto. Invece nella ristorazione è facile incrociare anche dei tre stelle che si sono fatti da sé, persone che hanno condotto tutt’altri studi ed entrano in cucina cambiando completamente direzione alla loro esistenza.
Io che a poco più di vent’anni avrei voluto lasciare l’università per entrare in un ristorante e vedere che futuro avrei avuto, vi rinunciai proprio perché non ne conoscevo i fondamentali. Possibile che chi ha studiato economia o giurisprudenza si infili il tocco in testa e inizi a trattare gli ingredienti con una magia e una attitudine incredibili senza preparazione alcuna? Certo, capita a tutti a scuola di avere il compagno di banco che disegna gli animali benissimo o un amico che con una chitarra mette insieme sette note e alle feste intrattiene tutti, ma non per questo li consideri dei pittori o dei musicisti. Valgono come chiunque di noi che sa cucinare un buon risotto o improvvisare un spaghetto a mezzanotte con gli amici. Essere chef è tutt’altro.
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Invece ecco in queste pagine la storia di un
Bottura, che parte dal commercio della benzina, o di un
Niko Romito che si lascia l’Abruzzo alle spalle per andare a studiare economia a Roma. Nel frattempo i suoi a casa avevano aperto una pasticceria, Il
Reale, nella stazione sciistica di Rivisondoli sotto la Maiella. Le cose andavano bene, al punto che, nel 1996, il padre di
Niko decise di osare di più e di trasformare la pasticceria in una trattoria. Tempo due anni e…
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