Siamo tutti d’accordo: prima la salute. Però io vorrei capire bene la logica di numerosi divieti, di ben poche libertà e di quello che sarà il futuro. Accantono quest’ultimo aspetto e mi concentro sui permessi sì e permessi no perché davvero mi stupisco davanti a casi che per me hanno dell’assurdo. Tenuto pure conto dei 12.632 esperti, consulenti di chi ci governa e amministra.
Non intendo farla lunga. Se io a Milano, zona Brera-Garibaldi, esco da casa, guai se scordo a casa il mio cane al guinzaglio perché, comunque, anche con Gigi appresso non sono affatto al riparo da multe. I 200 metri sono una misura elastica, meglio ridurre i rischi.
Bene: in circa 300 metri, da lunedì a sabato, trovo via via aperti una farmacia, una panetteria, un tabaccaio che è anche edicola, un minimarket, un fruttivendolo e una macelleria. Una manna. Però, stesso segmento di via, sono chiuse la gelateria e la cioccolateria. Per me una vergogna assoluta. Possibile che a Roma non si siano mai preoccupati delle eccezioni ai blocchi delle aperture della varie categorie?
Chi somministra gelati o cioccolatini può lavorare in sicurezza di maestranze e clienti molto più di fruttivendoli, panettieri o macellai. Però NO, chiusi quando basterebbe, penso al gelataio, vietare magari coni e coppette, che richiedono più attenzioni, e limitare l’attività alle vaschette, più igienicamente gestibili. Coda distanziata e ordinazioni sulla soglia d’ingresso, nocciola, yogurt o vaniglia e via a casa.
No, vietatissimo. Però posso bolaccarmi con le parole dal macellaio o dall’ortolano così come dal panettiere. Senza scordarci dei runner per le consegne a casa del minimarket, disperati sfruttati che è ovvio non rispettino norma igienica di sorta. Ma il gelato no e i cioccolati di Guido Gobino nemmeno. Suona assurdo, ma purtroppo è la realtà.
Nota finale: non sono un cattolico praticante, nemmeno ho la fede e non ricordo l’ultima messa alla quale ho assistito. Però a volte entro, anche prima della pandemia, nella basilica di San Simpliciano per pensare a chi non è più in terra. Se c’è un posto dove mi sento sicuro, dove la distanza sociale sono certo verrebbe rispettata questa è una chiesa, anche se si stesse tenendo una messa. Vietate anche le messe. Capolavoro. E poi ci chiediamo perché i ristoranti non potranno riaprire prima dell’1 giugno. Se già non si sa gestire il rischio di contagi in una basilica, figuriamoci tra forni e fornelli, sala e cantina.