E’ suggestivo pensare che la parola Brera derivi da braida, termine che indicava una zona incolta, infestata dalle sterpaglie. Ovviamente non ai giorni nostri ma nemmeno nell’Ottocento, il 1800, perché Brera iniziò a prendere forma nel IX secolo, nell’Ottocento senza il mille davanti. Suggestivo perché ci fa pensare a una Milano così diversa da non riuscire nemmeno a vagheggiarla. Ma chi oggi ha venti o trent’anni, e frequenta tutto contento Brera, più la sera che durante il giorno, difficilmente si immagina quanto fosse autentica e intensa in un secondo dopoguerra arrivato a lambire gli inizi degli anni Novanta. Oltre non mi ci riconosco.
Non mi ci riconosco perché sono cambiato io ed è brutalmente cambiato il quartiere. In verità io sono cresciuto meglio o meno peggio. Certo, da ragazzo, e fino ai quarant’anni, compiuti nel 1995, ero giusto sovrappeso. Da allora eternamente obeso, over 103. Firmerei un patto col diavolo per scendere sotto il quintale e ne firmerei un secondo per rivivere per un giorno la Brera che alcuni interessati fingono esista ancora. Lo stesso che possiamo dire di Carnaby Street a Londra. Per me è morta, ma a qualcuno interessa la finzione a fini di lucro.
Brera oggi è una formidabile macchina da soldi, soprattutto a livello svago, oggettistica e ristorazione. Chi fa impresa lì deve lottare al coltello con i vicini per non farsi sbranare e soccombere. Deve anche difendersi da una nuova ondata di aperture che non appartengono alla memoria del posto, tipo negozi di abbigliamento di grandi marche o ristoranti che sono corazzate da oceano aperto, non naviglio per acque interne.
Tanti la bazzicano felici e… Continua a leggere qui.