Di Panini Durini a Milano so giusto quello che chiunque può sapere navigando nel loro sito, tipo l’essere un concetto di ristorazione paninara e veloce creato a Milano nel 2011, in pratica quasi nulla. Però so perché entro volentieri da Panini Durini, in particolare quello in corso Magenta quasi all’angolo con via Carducci, mentre mi viene l’orticaria se qualcuno mi dà appuntamento al Moleskine Café in corso Garibaldi.
E dire che a livello di ambiente, arredamento e servizi, tipo wi-fi, il Moleskine stravince. Ad esempio, i tavolini di Panini Durini sono piccoli e scomodi e all’ora di pranzo il rumore è elevato che sembra sia stato studiato apposta un sistema di non-assorbimento delle voci. Vogliamo poi mettere il fascino dei taccuini neri? E allora, cosa non va? Non va che qualsiasi cosa una chieda, anche la più sciocca e banale, se non è prevista viene respinto con fermezza. E una volta è il marocchino che ti viene negato e un’altra il caffè americano, quello con l’acqua bollente servita a parte. O accetti il caffè sbrodoloso della boccia o nulla. Poi, guai se non paghi subito quello che hai ordinato mentre magari vorresti avere un espresso subito, per pagarlo poi quando tutta la famiglia si sarà radunata lì e così uno evita code su code perché il servizio è sempre lento, tra l’altro. Penso abbiano paura che tu scappi senza pagare.
La proprietà di Panini Durini, che sulla carta avrebbe tanti motivi perché io non vi metta piede, il frastuono su tutto, ha invece capito la cosa più importante per chi fa ristorazione: o sei un Bottura o un Cracco – e allora sei tu cliente che ti adatti perché non sono cuochi da tramezzino al volo – o ascolti e fai di tutto per soddisfare chi da volontario è entrato nella tua bottega. E così venerdì ho chiesto un panino non in carta, con il pane ben cotto, farcito con salmone, avocado e pomodorini. Al di là del bancone mi è stato giusto chiesto: «Bene, desidera altro?». Ecco perché da Moleskine mi sento a disagio, mentre da Panini Durini entro senza problemi e poi esco contento.