Il 73° congresso di AssoEnologi a Trieste, dal 5 all’8 luglio, è stata l’occasione per degustazioni di grande spessore, friulane (solo bianchi però) e internazionali, Cina compresa, e relazioni a tutto campo. Il prossimo è fissato a Matera, quando si spera non sentiremo più relatori collocare Franco Biondi Santi tra i sommi produttori di Barolo, con tanto di immagine sullo schermo.
Con l’occasione torno a ringraziare Riccardo Cotarella, presidente degli enologi italiani, per avermi dato l’opportunità di salire sul palco del Teatro Verdi per parlare dell’Anno della Cucina Italiana, l’anno in corso. Titolo: Occasione mancata o passo verso il futuro? A seguire un sunto del mio intervento.
«E’ brutto dirlo, ma cosa si deve pensare dell’Anno del cibo? Cade nel 2018, nei dodici mesi che stiamo vivendo, ma sembra messo insieme in fretta e furia, giusto perché non si dica che ai massimi livelli si trascuri un settore fondamentale per la nostra economia, salvo lasciarlo lì ai margini perché lanciato da un governo in scadenza ed eredito da quello successivo, di matrice opposta e lì arenatosi.
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