Oggi, martedì 27 marzo, è uscita la newsletter del vino numero 111. Riporto il mio saluto. Per leggerla interamente si deve invece cliccare qui. Buona lettura.
«Non è certo una novità assoluta, ricordo bene già anni e anni fa come all’Enoteca Pinchiorri venissero proposte tre differenti degustazioni di vini a qualità e prezzi crescenti, ma in genere sono sempre stati percorsi legati alle bottiglie in sé, senza troppa coerenza con le ordinazioni. Certo, poi intervenivano i sommelier con tutta la loro maestria e modulavano le loro conoscenze su quanto ordinato al tavolo.
«Però il dilagare dei locali a menù degustazione obbligatorio, che nella fascia altissima, multi-stellati e 50Best per capirci, sono la stragrande maggioranza, ha posto un serio, profondo problema alla cantina. Cosa ordini quando assaggerai decine e decine di sapori? Bollicine al via e poi un rosso? Ferran Adrià al Bulli vinceva con lo champagne. Vero che sta bene su tutto come lo Chanel n.5 sulla pelle di una donna, ma è un po’ come salvarsi in corner giocando a calcio. Può andarti bene per tutti e 90 i minuti ma alla fine hai giusto strappato un pareggio.
«Adesso il livello è cresciuto enormemente. I menù arcobaleno impegnano come non mai la sala e di conseguenza la cantina. E non si tratta dell’offerta del vino al bicchiere. Bensì di portare il giusto vino o sakè o succo o cosa altro mai su ogni momento in arrivo dalla cucina. Mercoledì scorso abbiamo cenato da Angel Leon, all’Aponiente al Puerto de Santa Maria vicino Cadice.
«Menù lungo, 27 gradini di piacere legato al mondo del mare. Per stanchezza e insorgere di un’influenza abbiamo optato per le immancabili bollicine, Cava naturale, sorprendente, uva Malvasia della zona di Cadice, il Clos Lentiscus – Greco di Subur, Blanc de Blancs Brut Nature di Can Ramon Viticultors del Montgros a St. Pere de Ribes e poi Morgon 2013 di Marcel Lapierre. Troppo lontana l’Italia dalla costa atlantica per farsi sentire in una carta dominata dalla Spagna in ogni sua forma, giustamente, e dallo champagne, inevitabile. Così poche sere prima da Quique Dacosta a Denia tra Valencia e Alicante.
«Contenti della scelta però quanta invidia per un signore al tavolo oltre al nostro, concentratissimo sui piatti e ancora di più su cosa i vari sommelier gli versavano e spiegavano. Era evidente come il percorso vino era in perfetta sintonia con i sapori, con una compenetrazione totale tra il mangiare e il bere.
«Quando ci si dice come aiutare la sala a crescere. Dovremmo ordinare più spesso il percorso vino. Così si dà piena responsabilità e fiducia a chi ha cura della cantina. E si conoscono ben più realtà».