Per me Denia, tra Valencia e Alicante, esiste solo perché lì celebra i suoi straordinari riti golosi, di ricerca e di piacere, Quique Dacosta. Ora, e fino a giugno, è comunque vivibilissima perché non ancora passata dai 45mila abitanti di sempre agli oltre 200mila della piena estate.
E se scrivo questa nota proprio da Denia è per essere tornato alla tavola di Dacosta, alzandomi appagato nei sensi e nella testa. E dopo una torta ricca come non mai, la ciliegina di un pranzo l’indomani in una trattoria scoperta per caso, lungo strade secondarie suggerite dal navigatore per raggiungere l’albergo.
Il Pont Sec, secco perché sotto il fiumiciattolo è perennemente privo d’acqua, se ne sta sulla vecchia via che collega Denia a Gandia. Da un lustro lo hanno preso in mano Pep Romany e sua moglie Ana Giner e da due Pep lo ha arricchito di un gran bell’orto.
Romany è un cuoco autodidatta. Laureato in fisica, ha lavorato per una prima vita nell’informatica. Nel 2003 ha ceduto alle sirene di forni, fuochi e fornelli e con un socio ha aperto un primo locale. Dalla smorfia sul viso, si capisce che è ben più contento adesso.
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