Non me ne vogliano i 45mila abitanti di Denia, tra Valencia e Alicante, ma per me questa distesa di sabbia e mare, tanti albergoni e poca anima, è interessante solo perché nel 1992 vi approdò il ventenne Quique Dacosta, radici in Estremadura, tra Madrid e il Portogallo, e ogni successiva fortuna professionale in una città che d’estate esplode di presenze e perde ancora di più spessore agli occhi di chi ama un turismo meno di massa.
Però è anche vero che il turismo gastronomico non ha come obiettivi e segni distintivi chiese e musei, albe e tramonti, spiagge e picchi alpini. Contano ristoranti e trattorie, enoteche e caffè, i luoghi dove pranzare o cenare, ma anche bere bene, e non è affetto scontato che queste insegne se ne stiano in angoli significativi sotto altri aspetti. Poi è ovvio che la bellezza tutt’attorno aumenterebbe il piacere, ma sarebbe un aggiungere piacere a piacere.
Dacosta è a ridosso della litoranea da oltre 25 anni. Un tempo il locale prendeva il nome dal quartiere, El poblet, ma lui, relatore fin dalla prima edizione di Identità Golose, gennaio 2005 a Milano, è così cresciuto nel tempo da… Continua a leggere qui.