Acca sì o acca no? Hugo o Ugo? Senza: Ugo, Ugo Chan, almeno sull’insegna in Calle de Félix Boix 6 a Madrid, a ridosso del Paseo de la Castellana nel quartiere di Chamartin. Però è facile trovare nel web il nome proprio dello chef-patron scritto con l’acca iniziale. Fa nulla, il ristorante, aperto nel novembre 2021, se ne sta sempre lì e vi attende pranzo e cena. Però la storia è lo stesso curiosa anche perché la cucina è giapponese e di giapponesi ne vedi ben pochi al di là del cognome Chan, che vero cognome poi non è visto che quello autentico fa Muñoz. Solo che suo nonno Emilio commerciava con il Giappone e voleva che il nipote famigliarizzasse con il paese del sol levante. Così il diminutivo Huguito presto lasciò spazio a un affettuoso Hugochan, mai più cambiato al di là della forma usata. Tra l’altro, il nostro ha avuto un mentore in Dabiz Muñoz, el Señor Diverxo, quindi un cognome in comune. Basta? No. A metà luglio, noi a pranzo lì, lo chef Hugo che supervisionava l’intera offerta da un lato di un bancone Omakase non era il titolare, via per lavoro, bensì un secondo Hugo, l’itala-spagnolo Hugo Rodriguez che, inciso, lavorerebbe volentieri pure in Italia solo se gli stipendi non fossero offensivamente bassi per l’incredibile carico fiscale.
A parte quei Paesi dove la comunità giapponese è davvero numerosa, come il Perù o la megalopoli di San Paolo, mi chiedo spesso perché noi italiani siamo negativi con l’offerta di cucina tricolore all’estero, salvo stravedere per le cucine del mondo di casa nostra, su tutte quella nipponica. Possibile che pochi si interroghino tra Milano, Roma e ormai ovunque tra…
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