Due menù degustazione e la carta a seguire, essenziale perché si succedono tre antipasti, tre primi, tre secondi e tre dolci per un totale di dodici opportunità, che non dovrebbero mancare in nessun ristorante. L’obbligo di scegliere un percorso tra due o tre, in genere balla quello vegetale, ha enormi vantaggi per il patron perché così ha idee ben chiare sui costi e ricavi, meno per i clienti perché non è detto che tutti abbiano voglia di mangiare tutti le stesse cose e pure tante, atti di un servizio che facilmente si allunga nel tempo. Non solo: questo è lo schema per chi pranza o cena una, massimo due volte all’anno nel locale stellato e sa cosa aspettarsi. Ma tanti vorrebbero tornare più volte nello stesso posto e perché negare loro l’opportunità di limitarsi a un paio di bontà?
Non è tanto una questione di essere innovativi o tradizionali, ma di cassetto, di capire che più si estremizza la propria linea e meno coperti avrai perché le tue proposte saranno sempre meno rassicuranti. Le persone devono tornare e se salutano con un “arrivederci, a presto”, deve essere vero e non parole di circostanza. Il menù degustazione a mo’ di totem va considerato un punto d’arrivo, quando si è sicuri che sull’uscio la fila è chilometrica. Prima è un azzardo.
Il Retroscena di Richard Abou Zaki (nella foto) e Pierpaolo Ferracuti si nutre anche di quattro realtà satelliti, i conti vanno fatti globalmente, sommando le singole voci. Con questa stagione calda, il Labor Limae è giunto al…
Continua a leggere qui.