La squadra di Abba, da sinistra verso destra il sous chef Andrea Vismara, lo chef di partita Nicola Cinus, lo chef e patron Fabio Abbattista, il pasticciere Giuseppe Bescapè, il lavapiatti Taher e il maitre Artiom Andriani
Sono sempre pochi i buoni locali aperti nei giorni di Ferragosto a Milano e quasi sempre gli stessi perché le novità sono rare. Quest’estate è sbocciata una seria eccezione, Abba. Vi ho cenato martedì 13, chiunque può imitarmi già stasera, venerdì 16, in una novità destinata a lasciare un segno al 177 di via Varesina, da piazzale Accursio su su fin quasi a ridosso della stazione ferroviaria di Certosa, dove sta crescendo una nuova parte di Milano, il Certosa District.
Occupa più spazi, soprattutto sul lato dei numeri pari. Fabio Abbattista invece, classe 1977, quarantasette anni compiuti a giugno, pugliese di Molfetta, ha aperto sul lato dispari, subito dopo l’angolo con via Zamboni. In pratica abbiamo un edificio storico, dove si producevano pennelli, che al 173 accoglie gli uffici di RealStep, l’immobiliare alla quale si deve l’investimento globale, e due civici oltre, nella metà moderna, appena eretta, un ristorante uscito dalla matita dell’architetto Giulio Marchesi e della mente dell’ex chef dell’Albereta in Franciacorta.
Per Fabio c’è ancora un Marchesi nel suo destino. Nel gennaio 2014 subentrò al maestro Gualtiero, il cui contratto con la famiglia Moretti era terminato il 31 dicembre. Sono stati dieci anni che lo hann o visto impegnarsi su più fronti, in pratica fino a cinque differenti cucine, il cui procedere ricordava un pentathlon goloso. Come nello sport, tutto e tutti ammirevoli ma nessuno così bravo da essere campione in una singola disciplina. Adesso invece è libero di essere se stesso.
Il nostro ha lasciato tutto il marzo scorso per dedicarsi interamente al suo nuovo orizzonte. Il 2 agosto, un venerdì, la primissima apertura per un collaudo che occuperà l’intero mese di…
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