Tre hotel cinque stelle lusso, tre ritratti per usare l’italiano, tra Roma, Firenze e Milano e uno pensa a chissà quante stanze. Errore: 124 in tutto, 14 nella capitale, poi 37 nel capoluogo toscano, infine 73 in quello lombardo, comprese una ventina di suite. Non sono pochissimi vani a livello di ultima apertura, ma bisogna tenere conto che la famiglia Ferragamo non ha mai pensato per i Portrait a chissà quali volumi. La parola chiave dell’intera filosofia è composta da quattro lettere: casa. I clienti devono sentirsi come a casa, come piedi infilati in una comoda pantofola.
E che pantofola, un quadrilatero dalle notevoli dimensioni tra corso Venezia e via Sant’Andrea che dal Cinquecento è stato un seminario, ma che da tempo aveva perso la sua vocazione anche se sempre di proprietà della Diocesi meneghina. Chi era solito passare tra San Babila e corso Venezia avrà di certo notato per quanti anni è stato un parcheggio, e poi quell’ultrasettantenne, Pedro, che sembrava avesse messo radici lì al civico 11. Bel tipo Pedro. Sfoggiava un cartello con sopra scritto “Io non sono comunista”, ma forse nemmeno lui sa perché. Lo hanno festeggiato e adesso che la realtà del Portrait è operativa, pur se il cantiere non è ancora chiuso, lui si è spostato altrove.
Difficile se non si entra nella piazza avere idea delle dimensioni, un quadrato di due piani che ospiterà anta negozi del lusso, con l’hotel posto entrando sulla destra, gli spazi comuni al piano terra e le camere al primo. Il tutto da corso Venezia, l’esatto contrario da Sant’Andrea. Si sta allestendo per le feste in arrivo, un albero di Natale alto una quindicina di metri ad esempio, maestranze ovunque ma anche tanti punti e soluzioni che stupiscono per eleganza e bellezza.
La casa del Portrait meneghino ha aperto in totale sordina mercoledì scorso 23 novembre. Primissimi a…
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