Ci sono vittorie, quasi sempre sportive, che sono sotto gli occhi di tutti, evidenti come il fresco titolo europeo della nazionale di calcio guidata da Roberto Mancini o le straordinarie medaglie olimpiche dei nostri azzurri alle Olimpiadi di Tokyo. Però non è certo passato inosservato il Nobel per la fisica 2021 a Giorgio Parisi o i Maneskin trionfatori all’Eurovision della musica.
E poi vi sono momenti altrettanto importanti, ma il cui significato è ben poco evidente ai più. Ecco, in tal senso l’apertura di un ristorante italiano a Parigi, lo scorso 8 settembre, ha segnato un punto importante per la nostra ristorazione fuori dai nostri confini. Enrico Buonocore, che aprì la primissima Langosteria nel marzo 2007 a Milano, ha inaugurato la quinta nella capitale francese, la prima all’estero, un’insegna dall’incredibile tasso di importanza, nel presente e in prospettiva perché ne sono previste altre.
Già di per sé sbarcare in questa metropoli non è affatto scontato perché i nostri cugini amano assorbirci, aggiungendo un accento all’ultima vocale dei nostri cognomi per francesizzarci. Ci invidiano prodotti, idee, progetti, il saper fare misto a una genialità molto marcata, spesso decisiva per arrivare al successo. Ma guai ricordarlo loro. La grandeur nazionale, il senso di superiorità, li permea al punto da farli sovente apparire arroganti. Cosa che ha un risvolto positivo per noi che siamo i loro cugini: obbligarci a fare le cose così bene da costringerli a riconoscerci posti in prima fila.
E’ quanto accaduto adesso con Buonocore che a metà 2018 aveva ceduto il 40% delle azioni alla Archive, a sua volta interamente controllata dalla Ruffini partecipazioni holding, in parole più semplici da…
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