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Paolo Marchi
Paolo Marchi
    Identità Golose

    Il nuovo menu di Bottura è un omaggio alla grande cucina italiana

    8 Luglio 2021

    Questo è un pezzo che Carlo Passera e io abbiamo un po’ rubato. Per Leo Longanesi, che fu tantissime cose, non solo un editore, “un’intervista è un articolo rubato” perché sono le risposte che compongono il pezzo. Ecco, noi siamo andati oltre: al tavolo allestito nella cantina accanto alle cucine, lui in piedi come un direttore d’orchestra, ha in pratica parlato solo Massimo Bottura tanto che le firme dovrebbero essere tre, le nostre due e la sua.

    Carlo e io abbiamo messo in ordine un maestoso fiume in piena, i pensieri dello chef scaturiti nel commentare un menu che si chiama come il precedente, With a little help from my friends. Ma se in quello antecedente, col fil rouge dei Beatles come storytelling, dominava una riflessione libera che esprimeva la biodiversità culturale incarnata dalle brigate dei vari ristoranti di Massimo Bottura (tutte sono state coinvolte nel lavoro di elaborazione dei piatti), ora rimane lo stesso approccio ma con un oggetto di studio e dunque un protagonista diverso: la cucina italiana.

    «Siamo andati tante volte a mangiare nei ristoranti dei quali interpreto alcune ricette (18 in tutto, compreso il suo Camouflage, ndr). Mi ricordo ad esempio una data precisa, 30 settembre 1970, il mio compleanno. Ero a mangiare dai Cantarelli, Peppino e Mirella, a Samboseto verso Parma. Oggi abbiamo dimenticato questo nostro passato, mentre il mondo deve sapere che noi veniamo da qua, il mondo deve conoscere Bergese e Tassa, Corelli e Picchi, deve ricominciare a parlare di questi grandi chef italiani perché sono le nostre radici. Dobbiamo raccontarci; dobbiamo onorare le nostre origini, parlare agli altri, far tornare i grandi gourmet in Italia. Celebrare le nostre origini è il modo per consolidare e riproporre la nostra grandezza», perché senza radici la grandezza sembra figlia del nulla, qualcosa di aleatorio, di fragile.

    Memoria è la parola chiave alla quale legare questa degustazione. L’abusatissima frase di Andy Warhol sul quarto d’ora di celebrità che non viene negato a nessuno certifica la mediocrità che una circostanza spesso fortuita regala un po’ di luce a chiunque. Ecco, il modenese lavora in direzione esattamente opposta. Lascia da parte le inutilità che troviamo sempre e ovunque, e lavora perché anche chi nel…

    Continua a leggere qui.

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