Noi italiani siamo in popolo superficiale, pontifichiamo su tutto perché sappiamo improvvisarci esperti di qualsiasi cosa, a patto sia di moda in quel momento. Ricordo che un giorno Indro Montanelli, uno che mangiava come un passerotto e si entusiasmava solo pensando a una fiorentina con fagioli cotti nel fiasco, per spiegare la natura di noi italiani citò l’incontro con un criminale nazista detenuto in Italia. «Sa in cosa ci differenziamo noi tedeschi e voi italiani? Noi tedeschi siamo ingegneri, medici, scrittori. Voi italiani fate l’ingegnere, il medico, lo scrittore».
È verissimo, e mi viene sempre in mente questo passaggio quando qualcuno che, parlando di critica gastronomica, mi apostrofa: «Perché voi parlate sempre male dei cuochi?». A parte che non è vero, non fosse altro per statistica, ma bisogna dire che, di solito, una critica viene ricordata molto più facilmente di una lode. Se parli bene di un pranzo c’è sempre chi ti accusa di essere in combutta con quello chef, e, così, uno che fa il mio mestiere viene ritenuto più coretto e onesto se dà contro. Alla lunga, però, ho capito che il criticare – a prescindere dal conoscere o meno quel determinato argomento – è nell’indole italiana.
Successe un giorno che un importante produttore di vino, che si divideva tra la Lombardia e la Toscana, mi disse che a Quistello nel Mantovano i fratelli Tamani erano rimasti male per l’articolo negativo che avevo scritto su di loro. Strabuzzai gli occhi, perché non mi pareva proprio di averla fatta fuori dal vaso. Avevo espresso solo dei dubbi sulla portata principale, l’anatra, ma non al punto da farne un caso nazionale. Questo, però, lo credevo io, al punto che quel cantiniere organizzò una visita espressamente per farmi cambiare idea, o almeno così sperava.
Dino Buzzati ripeteva che se di una persona tessevi le lodi più sperticate e poi chiudevi quel panegirico con «Peccato per quel neo vicino all’orecchio sinistro», questo il giorno dopo ti avrebbe chiamato per chiederti se c’era proprio bisogno di ricordare quel difetto. Altro che ringraziare per le cento belle cose scritte. Chi critica deve sempre chiedersi, prima di licenziare il pezzo, se lui accetterebbe che le stesse critiche venissero fatte a lui, questo per evitare di uscire dal seminato e colpire la persona in quanto tale.
Ci trovammo così una mattina al casello di Brescia Ovest e andammo a Quistello con una sola macchina. Era sempre un piacere andare all’Ambasciata dai fratelli…
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