Ci sono persone grazie alle quali dopo il mondo non gira più come prima. Penso, ad esempio, a Van Gogh e Picasso nella pittura o a Le Corbusier nell’architettura. Sono persone dopo le quali le cose cambiano completamente direzione. Ed è così anche dietro ai fornelli. Nella cucina italiana, infatti, c’è un “prima Gualtiero Marchesi” e un “dopo Gualtiero Marchesi”. Nessun altro ha legato il nuovo al suo nome come il milanese, persona di straordinaria cultura anche fuori dalla cucina e che non perdeva mai occasione di sfoggiala, parlando con competenze ed entusiasmo di arte, musica e letteratura.
Un giorno Ezio Santin, tre stelle Gualtiero tra Milano e la Franciacorta e tre stelle lui alla Cassinetta di Lugagnano, sbottò: «Quell’ossesso di Gualtiero ci ricorda sempre quello che ha fatto per la cucina italiana, però il cambiamento era nell’aria. Sono riusciti a imparare a cucinare bene anche gli spagnoli. La rivoluzione sarebbe comunque arrivata anche in Italia». È vero, ma c’è sempre una persona che fa il passo un attimo prima degli altri.
A fine anni Settanta, a 45 anni di età, Marchesi si lasciò alle spalle l’albergo e il ristorante di famiglia, Il Mercato, per andare a scuola dai fratelli Troisgros a Roanne. Fu anche fortunato oltre ogni misura, perché in quel periodo in Francia inventarono le pentole antiaderenti, come l.ui stesso ricorderà nel 2007 sul palco di Identità Golose insieme a Pierre Troisgros. Si trattò di una rivoluzione. Si poteva cucinare con molti meno grassi e preservare, esaltandoli, i sapori delle materie prime.
Dopo aver lavorato là per 7 mesi a un certo punto Marchesi andò in cucina e disse: «Ho capito tutto, me ne vado». «Cos’hai capito?» gli chiese Pierre. «Lo vedrai». Ed è stato il primo…
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