Io sono per «prima quelli bravi» e chissenefrega dei passaporti e delle cittadinanze, anche perché noi italiani non siamo un popolo di santi e nel mondo esportiamo anche morte, non solo la nostra creatività a 360 gradi. Quindi la realtà dovrebbe indurci alla tolleranza e alla comprensione degli altri popoli.
Questa foto è la sintesi perfetta del mio pensiero. Ritrae i cinque cuochi in forza a Roots, la trattoria che Floriano Pellegrino e Isabella Poti, del Bros’ Restaurant a Lecce, hanno aperto nella campagna di Scorrano, paese a ridosso di Maglie, tra il capoluogo e Leuca.
Hanno le idee chiare e tanta voglia di lavorare e di costruirsi un futuro senza chiedere elemosine allo stato o a Pantalone. Più idee che anni. Da sinistra verso destra ecco Miguel Maragno, 20 anni, messicano di Tulum; Yuta, lo chef di Roots, 22 anni, un giapponese che arriva dall’isola di Okinawa; Mustapha, senegalese di Dakar, 37 anni, parla il dialetto delle donne di Scorrano, che per molti è pressoché impossibile, e da loro si fa spiegare ogni sapienza e usanza legata alla terra e ai suoi prodotti; quindi Gino Giorgini, 19 enne di Terracina in provincia di Latina che ha finito il suo stage proprio oggi e, infine, Matteo, 18 anni, molisano di Montenero di Bisaccia.
Dobbiamo essere orgogliosi di loro, grati che abbiano scelto l’Italia perché diventeranno ambasciatori della nostra cucina e dei nostri vini. E’ la testa che fa le persone, non il colore della pelle e la forma degli occhi.