Cristiana Lauro, nella foto, un raro esempio di cronista del vino che sa essere seria senza prendersi sul serio anche quando spazia nel mondo del cibo, ha pubblicato in Dagospia un lungo, articolato pezzo sui clienti dei ristoranti.
A parte la citazione del sottoscritto, grazie grazie, sono in buona compagnia, riporto un passaggio perché non vi avevo mai prestato la giusta considerazione: «Son buoni tutti a comportarsi bene in un ristorante stellato, e a dire il vero anche negli stellati ho assistito a comportamenti imbarazzanti da parte del pubblico. Ma la misura va presa su locali di prezzo medio, accessibili un po’ a tutti e dove il cliente non percepisce la minima soggezione del contesto esclusivo che mediamente non gli appartiene».
E la Lauro riprende un post in Facebook di Valeria Carola, «comproprietaria con Fabrizio e Roberto di Barnaba, forse il locale di maggiore successo aperto nell’ultimo anno a Roma», in viale della Piramide Cestia 45, telefono +39.06.23484415. E’ un decalogo che invito tutti a leggere perché non ho mai pensato che il cliente abbia sempre ragione, oggi ancora più di ieri. Essere cafoni e ignoranti, in certi ambienti, è un valore, attuale governo compreso.
Scrive la Carola: «Dopo un anno dall’apertura sono arrivata a una conclusione. Una sala, al netto della professionalità dei dipendenti, funziona davvero bene quando i clienti sono educati». Educazione e cultura sono valori rivoluzionari al giorno d’oggi. E so bene che non si deve guardare nel piatto altrui, ma è più forte di me e difficilmente non osservo come uno impugni forchetta e coltello. E sovente rido.