Mi ha colpito molto domenica scorsa a Milano, durante l’edizione 2018 del S.Pellegrino Young Chef, una domanda e risposta tra il francese Paul Pairet in giuria e il concorrente inglese Killian Crowley. Suo un Rombo, cavolo rapa e alghe che si presentava così poco appetitoso da far pensare a uno scherzo.
Ora non è però una questione di estetica ma di impostazione della stessa pietanza, degli svarioni infilati come se nulla fosse e prontamente rilevati dalla giuria al punto che il francese a un certo punto ha chiesto all’inglese: «Ma preferisci che un cliente trovi un tuo piatto interessante o buono?». Risposta: «Interessante». Pairet ha sospirato e ringraziato sconsolato.
Ci sono davvero chef il cui fine è destare stupore, ma non spettacolarizzando un piatto, aggiungendo colore e volumi a sostanza reale. Proprio con ragionamenti, accostamenti e tecniche che prescindono dal gusto. Un complicare l’insieme. Tutto concesso in fase di studio e sperimentazione, ma quando una pietanza arriva a tavola, alla tavola di un ristorante, con un prezzo da pagare, lo scenario è ben diverso e le cose interessanti stanno a zero se non sono pure godibili.