Spero un giorno di andare a cena a Casa Ramen Super, al 26 di via Ugo Bassi a Milano, con un giapponese che mi aiuti a fissare l’asticella della qualità dei ramen proposti da Luca Catalfamo e da chi lavora con lui come la francese Marion Roger, ex Erba Brusca.
Ieri sera, 13 febbraio, ho avuto la conferma che sono davvero pensati bene ed eseguiti ancora meglio, con attenzione e intelligenza, una gioia per il palato. Avrei voluto gustare quelli al curry ma erano finiti, così ho optato per i Paitan Ginger Ramen con brodo di pollo, maiale, bamboo, cipollotto, uovo marinato e sesamo.
In tavola anche il Red Paitan Ramen, foto in alto, cugino piccantissimo del primo, che nessuno è riuscito a finire nonostante fosse una mezza porzione, 60 grammi di tagliolini invece che 120.
Ma il punto in discussione ora non è il grado di fuoco racchiuso nel brodo di pollo, ma l’essenza, il rispetto della verità in piatti che appartengono a culture gastronomiche lontane dalla nostra. Noi italiani ci lamentiamo di continuo per quello che di poco italiano troviamo ovunque nel mondo, ma noi come ci comportiamo in casa nostra con le cucine altrui? Le rispettiamo sempre? Dubito.
A me, e non solo a me, a tanti, giapponesi compresi, Casa Ramen Super piace in maniera particolare, ma quanto è autentico Giappone? Penso molto se non tutto perché Catalfamo ha stregato i responsabili del Museo del ramen a Shin-Yokohama, unico straniero invitato a curare un suo punto, chiamato Casa Luca, accanto a sette maestri giapponesi. Ma di certo rischia di essere la classica eccezione.