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Paolo Marchi
Paolo Marchi
    Identità Golose

    Sorpresa: la cacio e pepe di Kenney è vegana e buona

    12 Ottobre 2018

    Come ha detto Matias Perdomo, sul palco di Gastronomika a San Sebastian non più tardi di mercoledì 10 ottobre, «in Italia un cuoco, quale che sia il suo passaporto, non può prescindere dalla pasta». E così eccolo proporre alla platea dell’edizione del ventennale una lasagna bon bon tutta da spiegare e tutta da godere.

    Poi ci sono anche altre interpretazioni che possono pure deluderti. Capita quando a una ricetta arcinota non corrisponde sostanza e attenzione. A New York, il Prune di Gabrielle Hamilton propone al brunch di fine settimana «Spaghetti a la Carbonara. The Italian way to get your bacon and eggs… with pasta. And plenty of black pepper». Almeno mi ha evitato la panna, certo però che per noi la Carbonara non è un modo alternativo per mangiare uova al bacon. Se non si capisce questo, hai subito imboccato la strada sbagliata.

    Poi ci sono coloro che ragionano bene con la loro testa, come Perdomo del resto, che ti deliziano e appagano anche se quello che ti servono ha tutt’altre forme e anima. E’ la straordinario caso in California di Matthew Kenney, chef vegano e sostanzialmente pure crudista, che nel suo Plant food + Wine a Venice, quindi Los Angeles, propone la sua cacio e pepe. Straordinaria, soprattutto se non sei romano e inevitabilmente condizionato da mille e mille memorie.

    Matthew mette in carta Kelp noodle cacio e pepe ovvero una cacio e pepe di farina di alghe, la stessa consistenza e trasparenza degli spaghettini asiatici, condita con piselli croccanti e germogli sempre di piselli, nonché olio e olive, naturalmente generoso pepe macinato al momento. Manca il vigore della nostra pasta secca di semola di grano duro, però che bontà.

    La differenza tra la carbonara sulla costa est e la cacio e pepe sulla costa ovest è subito spiegata: la Hamilton ha preso una ricetta, l’ha letta e affidata alla cucina, senza dedicarsi prestando attenzione. Kenney invece ha studiato e ha cercato la via per posizionarla nella carta di un locale vegano. Certo, è la sua cacio e pepe, però non si può affermare che non sia buona e appagante. E se nemmeno si chiamasse come da tradizione romana, nemmeno ci porremmo il problema della sua autenticità.

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