Biancofiore, Diego Biancofiore, ristoratore barese classe 1972, da undici anni titolare del ristorante in centro a Bari che porta il suo cognome, piccolo e sempre pieno, con la coda in strada. Non è solo una questione di pochi coperti, una trentina, e di qualità dell’offerta. Il Biancofiore non chiude in pratica mai. Se in un anno i turni da coprire possono arrivare a un tetto di 730, due in più l’anno prossimo perché bisestile, ben pochi li coprono, fast-food a parte. Da sei anni Diego sì, chiude infatti solo la sera della vigilia di Natale, il 24 dicembre. «Noi offriamo un servizio e avevo visto esplodere il turismo in città, sempre più italiani del nord e stranieri in giro per godersi la storia e la bellezza della città, meno la sua cucina perché tanti colleghi pensavano più a loro stessi che a chi arriva da fuori. Non esiste, così ho assunto due persone in più in sala e due in cucina per coprire tutti i turni. I risultati mi hanno dato ragione, le persone tornano e mi ringraziano».
Lui ovunque, ai fuochi Giacinto Fanelli, chef 36enne, alla guida di una brigata formata da Pasquale De Mattia, Raffaello Rizzi, Angelique Grace, filippina, e Islam Mohamed, indiano, per pensare e proporre una cucina che fotografa molto bene sapori e tradizioni a partire dalla ricchezza del pescato, proposto andando oltre il prodotto in purezza, cotto o non cotto che sia. In Puglia, e in particolare nel suo capoluogo, il crudo è un religione declinata con una dovizia di dettagli e varietà di prodotti che ha ben pochi uguali nel Buon Paese. E Biancofiore conosce tutto alla perfezione perché proviene da una famiglia di…
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