Alba Adriatica è il secondo comune abruzzese sul mare arrivando dalle Marche. Non ha una particolare vocazione turistica, come i borghi oltre il Tronto, verso nord, ma di sicuro un ristorante che racconta una storia molto particolare, per nulla omologata a quelle di tante altre insegne, e che, proprio per questo, merita le nostre e vostre attenzioni.
L’Arca dei fratelli Capretta, il vulcanico Massimiliano e sua sorella Dalila, pasticciera, nonché lo chef Edoardo Massari, il compagno di lei, incarnano il presente e il futuro al 109 di via Mazzini. Ma tutto ebbe inizio solo con Massimiliano ancora il secolo scorso, nel 1998. Stesso posto ma in un’epoca ben differente, quando a nessuno veniva in mente di definire una location uno spazio, una struttura. Se mai scoprissi a chi si deve questa dilagante banalità, lo fulminerei. Lo stesso dicasi per sentiment e mission.
Apri il sito dell’Arca e alla voce Chi siamo vieni salutato dalla scritta “Il nostro ristorante, la Location”. Svanito l’effetto orticaria, c’è molto di personale nel disegno che chef Capretta ha dato al suo posto, al dehor sulla strada e alle sale, soprattutto quella di sinistra con quella grande vetrata che dà sulla cucina, rettangolare. Tu cliente, sei piazzato come coloro che alla stadio vedono la partita seduti dietro a una porta. Io ne resto sempre come ipnotizzato tale l’ammirazione per chi vi si muove e cucina, ingranaggi di un orologio.
La storia di Massimiliano è ricca di momenti brillanti e di cambi di direzione, anche troppi forse perché dopo un quarto di secolo deve ancora emergere in pieno. Si parla di numerose figure di valore in Abruzzo, dell’Arca meno e non è giusto. Lui ama definirsi un allievo nel senso che gli insegnamenti e le lezioni non finiscono mai, però a volte certi passi sembrano in contraddizione tra loro. I primi anni furono quelli di un posto macrobiotico, difficile da capire lì nel Teramano, tanto che c’era chi…
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