Non vi è solo la crisi sanitaria in Italia e in pratica in tutto il mondo, c’è anche quella economica che però fatica a conquistare una posizione fissa in primo piano perché, per chi ci governa e per chi fa informazione, è ben più facile e immediato snocciolare le cifre del contagio e così zittire i tanti che si fanno domande su vaccini, ristori, divieti, zone colorate, piani economici e di contrasto alla povertà che avanza.
Nessuno intende morire di Covid, se però l’alternativa è morire di fame, qualche domanda è lecito porla a chi sta in alto e decide per sessanta milioni di italiani. Io ne ho una: chi va vaccinato subito dopo lo staff medico nazionale? Io vaccinerei chi ha ancora un lavoro ma si chiede fino a quando. Chi è in età lavorativa e magari lo ha perso e ha una famiglia da mantenere e chissà quando verrà chiamato per ricevere il vaccino perché i conti sono presto fatti. Alle 20.12 di ieri, 18 gennaio, i vaccinati risultavano un milione 153mila 501, fonte Il Sole 24 Ore. Si tratta appena dell’1,91 per cento della popolazione, con una campagna iniziata il 27 dicembre. Si fa presto: 60 milioni diviso 1.153.000 = 52. Mesi. Facciamo anche che al 27 gennaio avremo toccato il milione e mezzo, saranno pur sempre 40 mesi per raggiungere tutti. Insomma ci vorranno più di tre anni.
Poi so bene che il tutto durerà meno perché arriveranno più vaccini e quindi più dosi, e c’è chi si rifiuta, chi crede che sia tutto un complotto, che la Terra sia piatta e Presley vecchio ma ancora vivo, chi ancora non ha l’età e altro ancora. Però con l’emergenza siamo in ballo da un anno e, addirittura, chi vive il Lombardia è tornato al punto di partenza senza nemmeno essere passato dal via. Una doppia beffa. Per dirla alla Totò, “ogni limite ha una pazienza”. Finiti i soldi, un attimo dopo finirà pure la pazienza. E morire di fame farà molta più paura di qualsiasi altra perdita, salute compresa.
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