Anche se la parola marketing non è certo francese, a livello di pubblicità e propaganda nessuno batte i nostri cugini. Come sanno valorizzare qualcosa loro nessun altro al mondo. Non che i loro vini o i loro piatti non siano formidabili, ma traggono forza anche da una pianificazione economica, distributiva e promozionale unica, che ne accrescono a dismisura i meriti.
Noi italiani possiamo mugugnare all’infinito, possiamo vantarci di avere formaggi ottimi e vini altrettanto importanti. Possiamo rinfacciare loro di essere gli inventori della pizza o del caffè espresso, ma resta il fatto che loro si vantano e vanno fieri di ciò che producono, mentre noi distruggiamo tutto, seppellendo ogni buona azione sotto un mare di invidie, critiche e miopia.
Ricordo che nel 1998, prima della partenza per i Campionati del mondo di calcio che si sarebbero tenuti in Francia e che avrei seguito da giornalista sportivo, proposi al Giornale una tavola rotonda, un incontro con un pugno di italiani che per qualche motivo avevano degli stretti legami con l’Esagono. Fateci caso, ma sono infinitamente di più gli italiani che sono emigrati in Francia a vario titolo trovandovi fortuna, di quanti siano stati i francesi, segno che la ricchezza era lassù.
Dovremmo essere loro più grati e nel contempo impegnarci con fatti concreti per dimostrare che abbiamo tanta sostanza anche noi. Grazie a quell’incontro era mia intenzione cogliere l’anima più profonda di due popoli cugini, nella speranza di trovare punti di contatto che tornassero utili per il futuro dell’enogastronomia italiana. Sono passati molti anni da allora, ma, purtroppo, vedo che la strada è ancora molto, ma molto…
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