Non ho mai amato l’ultimo dell’anno, mai cercato a tutti i costi il cenone di San Silvestro perché non mi è mai piaciuto fare baldoria come si fosse telecomandati. E poi si mangia sempre male e disordinatamente, quando per me il cibo è sacro. C’è di tutto, ma tutto “scelto” a memoria perché il 31 guai non fare certe cose, tutto preparato e servito senza molta attenzione fino al cotechino di mezzanotte e a quello che io detesto di più in assoluto: il trenino, che fa il pari con i cine-panettoni.
Le serate che ricordo con piacere sono quelle da ragazzo in montagna perché si scarpinava fino a un rifugio, quelle casette aperte per dare rifugio a chi attraversava vette e valli, senza custodi e fronzoli, magari per tornare a fondovalle con gli sci o lo slittino. Oppure cene ragionate tra pochi amici, senza obblighi di isolamento come adesso che tutto diventa complicato e velato da tristezza perché è inevitabile pensare in queste ore a quanto nel 2020 ci è stato tolto, vietato dalla pandemia, ma non solo dal codiv-19 perché decreti, divieti e pochi permessi sono decisi da persone fisiche.
Al momento di entrare nel 2021, noi di Identità abbiamo cercato di farlo con il maggior numero di sorrisi possibile, con un servizio che è la somma di tante risposte. Abbiamo infatti chiesto a più figure cosa salvare di positivo del 2020, per continuare a cercare e proporre il meglio nel Ventuno. Questa la mia risposta: «Facile ma anche ingiusto bollare il 2020 come un anno da cancellare. I motivi per farlo sono evidenti, tutti legati alla pandemia da Covid-19, e nessuno desidera viverlo ancora a lungo. E allora, perché ingiusto? Perché bisogna essere capaci di individuare gemme sparse tra tante paure e molto angosce.
«Penso alla Salumeria Mazzone, che è anche bistrot, aperta a Milano con tanta voglia di crescere, una scelta di vita che spero duri tanti anni a venire in via Roncaglia 3. E poi Lucia De Prai e Marco Primiceri, amore e lavoro sotto lo stesso tetto, che a Chiavari (Genova) hanno aperto il ristorante Duo nel centro storico. Se il futuro sarà dei giovani è giusto che sia anche loro perché, età a parte, che in sé vuole dire poco, hanno numeri giusti da giocare. Infine Roma e il colpo a affetto in piena estate dell’hotel Hassler. La proprietà, la famiglia Wirth, senza numeri sufficienti per aprire le stanze, hanno fatto del ristorante Imàgo un sorprendente pop up nella stessa struttura, trasferendo i tavoli sulla immensa terrazza della suite al settimo piano. Se la capitale al tramonto sa essere unica ovunque, da lì ancora di più. E poi la cucina dello chef Andrea Antonini a completare momenti unici».