Si è letto e discusso molto delle dichiarazioni di Laura Castelli, viceministra dell’economia del governo Conte, sul presente gramo della ristorazione e di un futuro che definire incerto è il minimo. Esponente dei 5 Stelle (stelle, ironia della sorte) è madre del reddito di cittadinanza, la negazione del fare impresa in un Paese come l’Italia nel quale l’imprenditore è visto come un satana.
Riporto le sue parole: «Questa crisi ha spostato la domanda e l’offerta. Le persone hanno cambiato il modo di vivere e bisogna tenerne conto, bisogna aiutare le imprese e gli imprenditori creativi a muoversi sui nuovi business che sono quelli che sono nati. Ci possiamo dire che sono nati? Sono processi di lungo termine, ma se una persona decide di non andare più a sedersi al ristorante, bisogna aiutare l’imprenditore a fare magari un’altra attività, a non perdere l’occupazione e va sostenuto anche nella sua creatività, che magari ha visto che c’è un nuovo business che può affrontare. Io credo che negare il fatto che questa crisi abbia cambiato la domanda e l’offerta di questo Paese, proprio in termini macroeconomici, sia un errore. Vanno aiutate le imprese».
Il tutto sintetizzato in «Se i ristoratori non hanno più clienti, che cambino mestiere». Ci sono colleghi che si sono indignati perché la Castelli non ha pronunciato queste esatte parole e hanno fatto la morale a tutti. Però affermare che «se una persona decide di non andare più a sedersi al ristorante, bisogna aiutare l’imprenditore a fare magari un’altra attività», a casa mia sta per “che cambi mestiere”.
In tal senso suggerisco una celebre frase pronunciata da Humphrey Bogart in Deadline, pellicola di Richard Brooks del 1952: «È la stampa, bellezza! La stampa! E tu non ci puoi far niente! Niente!». Fa il paio con l’effetto stupore caro a tutti i giornalisti di razza: un titolo deve impressionare, uno lo legge, strabuzza gli occhi e divora l’articolo.
Ci sono naturalmente gli eccessi. Quando in un incidente, nel maggio 1982, morì il rallista Attilio Bettega, un giornale milanese del pomeriggio titolò a caratteri cubitali: “E’ MORTO BETTEGA”. Notizia in sé tragicamente vera, ma con un vergognoso trucco. Tutti, leggendo della morte diBettega, avevano pensato a Roberto, attaccante della Juventus e della Nazionale. Avessero precisato quale tra i due, addio copie esaurite.
Questo fu troppo. Al suo estremo opposto metto sempre il titolo di un quotidiano sportivo una domenica di calcio di almeno mezzo secolo fa: “In campo i granata del Torino”. Verissimo, ma perché pagare per leggere una ovvietà assoluta? Tra i due titoli, ecco la Castelli e il vero giornalismo.