La domanda che si stanno facendo da un pugno di giorni i ristoratori italiani è una sola “tu riaprirai?”, seguita da un sospirone perché il mondo dell’accoglienza e della ristorazione è stato pressoché snobbato durante la quarantena da chi ci governa e amministra. Ha ragione Bruno Vespa quando dice che il presidente francese Emmanuel Macron ha potuto stanziare 18 miliardi di euro per i ristoranti e bistrot dell’Esagono perché lui i soldi li ha e noi italiani no, però c’è un però.
E’ totalmente mancata attenzione, la voglia di capire i meccanismi che regolano la vita di un locale, quell’agire sincero, parolona in effetti abnorme se riferita alla politica, che ti porta a pensare che “non c’è trippa per gatti, ma almeno ci rispettano” e uno se ne fa in qualche modo una ragione. Zero, elemosine e retorica, regole e protocolli decisi durante l’ultimo fine settimana dopo avere anticipato le aperture a ieri, lunedì 18 maggio, quando in un primo momento erano previste per il primo di giugno.
Non vorrei credere che tutto questo procedere a zig zag, con ben poche certezze, sia figlio di un calcolo ben preciso e non di compiti estremamente complessi che avrebbero messo a dura prova tutti, anche i più preparati. Era già facile trovare qualcosa fuori posto prima della pandemia, figuriamoci sanzionare e multare adesso. Le autorità preposte ai controlli galopperanno in praterie infinite, armate di metri e di righelli, perché lo Stato dovrà fare sempre più cassa per nutrire la burocrazia, le clientele e salvare l’Alitalia di turno.
Noi di Identità Golose Milano abbiamo, comunque, deciso di riaprire mercoledì 3 giugno. Crediamo nel lavoro, nella forza delle azioni. Colgo così l’occasione per ringraziare gli chef che popoleranno a cena le prime due settimane dell’hub di via Romagnosi: Philippe Léveillé, Christian e Manuel Costardi, Renato Bosco, Alfonso Caputo, Andrea Ribaldone ed Enrico Marmo. E un grande grazie va anche a Simone Maurelli, il nostro chef residente che tornerà dove è giusto stia chi fa il suo mestiere: in cucina.