Anche se fa piacere crederlo, la cucina afrodisiaca non esiste, così come le affinità tra i segni zodiacali. Un giorno chiesi a mia zia, che ha sprecato una vita dietro agli oroscopi, con quale segno era destinata ad andare più d’accordo. Lei me ne indicò due o tre, salvo poi aggiungere subito: «Ma se una persona mi piace, lo capisco da me».
E così accade anche con tutti quei cibi cosiddetti afrodisiaci, nei quali cerchiamo conforto in vista di qualche incontro galante, ma che poi, in fondo, sono soltanto un gioco e da soli non possono certo far scattare l’attrazione. Se due iniziano una cena a tavola e concludono la serata a letto non è certo perché hanno fatto indigestione di ostriche o il pieno di cioccolato.
L’amore e la passione sono sempre una chimica tra cervelli, tutto il resto è un contorno che magari usiamo come scusa per essere andati sopra le righe, come quando, in qualche festa all’università, si riusciva a pomiciare di brutto e lei dava la colpa al vino bevuto e non alla sua voglia di divertirsi.
Non posso credere che un uomo e una donna si ritrovino a far sesso o a condividere un sentimento più duraturo solo per aver scelto un menù piuttosto che un altro e, anzi, ho sempre trovato di una banalità disarmante gli espedienti culinari a cui i ristoratori ricorrono il 14 febbraio, in occasione di San Valentino. Non mi piacciono le cose ovvie e non vedo perché uno debba farsi imporre certe pietanze solo perché hanno la nomea di essere afrodisiache.
Mi sono sposato tre volte e la prima volta ci stregammo con un risotto ai funghi, la seconda con una bistecca alla fiorentina e la terza con una squisitezza che mi accompagna da oltre quindici anni…
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