Milano conta tra i 300 e i 400 locali di cucina giapponese o presunta tale. Erano circa 130 una decina di anni fa, eppure non è cambiato nulla. Possibile? Possibilissimo. Quelli che hanno uno chef giapponese, non un titolare giapponese, giusto il primo cuoco, non arrivavano a quindici allora e non vi arrivano adesso. Sono invece quasi quadruplicate le insegne dove di nipponico c’è quasi esclusivamente un nome di comodo. Nella stragrande maggioranza dei casi sono commercianti cinesi che hanno fiutato il business della cucina giapponese e si sono applicati senza fatica alcuna.
Non mancano le eccezioni, su tutte quella incarnata da Claudio Liu, cinese, e il suo stellato Iyo, cucina giapponese, nessuno dubbio su questo, ma con chef italiano, Michele Biassoni. Poi ecco Yoji Tokuyoshi che arriva dal Sol Levante, ma che nel locale che porta il suo nome, Tokuyoshi, propone un Giappone felicemente contaminato dall’Italia dopo i tanti anni trascorsi all’Osteria Francescana a Modena. E guai scordarci di Wicky Priyan, natali in Sri Lanka e lunga crescita tra Tokio e Kyoto prima di approdare a Milano.
Sono indirizzi di sicura qualità, ma nessuno dei tre oggi entrerebbe nell’Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi. Che poi tanto tricolore non è visto che, fondata a Milano nel 2003, non solo non si è mai allargata al resto della penisola, ma ha pure… Continua a leggere qui.