La guida dell’Espresso, direttore Enzo Vizzari, verrà presentata il 19 ottobre a Firenze, ma, come consuetudine ogni Ferragosto, la Repubblica ne ha anticipato molti aspetti. Uno mi ha colpito, la rottamazione di leggende che proprio non pensavo meritassero di finire sul carrello dei bolliti nonostante le avvisaglie della passata edizione.
Trascrivo dal pezzo di Licia Granello: «Novità ulteriore, l’uscita di classifica dei ristoranti che hanno contribuito a cambiare il volto della cucina italiana, battezzati Nuovi Classici e segnalati con il simbolo del cappello d’oro. Un fil rouge che lega indissolubilmente i pionieri dell’alta ristorazione – Cantarelli, Guido e Lidia Alciati, Paracucchi – ai protagonisti dell’era Marchesi. Insieme al maestro Gualtiero, il San Domenico, Pinchiorri, Don Alfonso, Santin, Dal Pescatore, su su fino agli anni del dualismo Vissani-Pierangelini».
Che lì siano state scritte pagine di storia è certo. Ma vi sono anche insegne che da tempo hanno in cucina responsabili trenta/quarantenni, ragazzi che hanno diritto di essere giudicati senza l’ombra del passato, invece vengono ignorati, azzerati. Penso a Max Mascia a Imola e al duo Riccardo Monco/Luca Lacalamita a Firenze, a Ernesto Iaccarino a Sant’Agata e a Giovanni Santini a Canneto. Tutti cuochi con una loro personalità e percorso, capaci di rispettare il passato legato a quel posto ma di operare con lo sguardo verso il domani.
Sia chiara una cosa: tutti loro possono non essere bravi come coloro che li hanno preceduti, Alfonso Iaccarino può surclassare il figlio Ernesto così come Nadia Santini Giovanni, meritare insomma meno, però, trattandosi di una guida al meglio della ristorazione del 2017/18 e non di una libro di storia, o li si giudicano o li si ignorano. Così sa tanto di via di mezzo, di sottrarsi alla valutazione, che sarebbe di certo bassa, un paio di cappelli, tre al massimo, ma più corretta. In poche parole, è come dire loro che sono scarsi, indorando però la pillola con l’oscar alla carriera. Non la loro però.