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Paolo Marchi
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    Marchi di Gola

    Aurora Storari e Flavio Lucarini portano la pasta da Parigi a Milano

    16 Luglio 2025

    Il 1° luglio abbiamo ospitato a Identità Golose Milano, l’hub in via Romagnosi 3, Aurora Storari e Flavio Lucarini, coppia nella vita e in cucina, da alcuni anni protagonisti sulla scena di Parigi con Hémicycle e con Aura, ristorante con stella il primo, bar pasticceria il secondo. Serata nel segno di La pasta da Parigi e Milano, declinata con Spaghetti del giorno prima: seppie, kiwi, verbena; Gnocchi di frolla, albicocche, kosho rosso, ricotta; Granchio “alla pasta”, prugne fermentate, santoreggia, corallo e blend-ycicle; Gyoza di ciliegie, spagnola al peperone crusco; Crepe suzette, pompelmo, origano, marsala. Tutte preparazione molto complesse, sapide e appaganti. Ho chiesto ad Aurora di inviarmi le note di ognuno, che pubblico ringraziandola.

    «Parto con il lato pasticceria quindi lo gnocco di frolla. Da Aura dessert dining amo lavorare sulle paste, trovo sia molto interessante dargli nuove possibilità attraverso un dessert. In questo caso è una pasta frolla ribilanciata per sostituire il burro con la ricotta. L’idea è nata totalmente a caso, come quasi tutti i miei dessert, e ho semplicemente provato a bollire un pezzo di frolla, il risultato è esattamente quello che cercavo ossia la giusta ruvidità per trattenere il sugo e soprattutto la masticazione “gnucca” perché gli gnocchi si devono masticare.

    «L’abbinamento con l’albicocca è perché il frutto in concentrazione ricorda il pomodoro, abbinamento classico degli gnocchi, quindi la  lavoriamo esattamente come un sugo, olio infuso al basilico, cottura lenta fino ad avere una consistenza di confettura, naturalmente dolce. La salsa viene montata con un beurre blanc al vermouth che aggiunge amarezza acidità e dolcezza.

    «La sriracha alla base è una sorta di chili sauce preparata con del kosho rosso, il piccante tira su il resto dei sapori. Amo usarlo in pasticceria, soprattutto nei piatti che devono essere rinfrescanti. La granita di ricotta all’acqua di rose, con la sua nota lattica bilancia la complessità degli altri elementi e il floreale armonizza il tutto. Trovo sia un piatto di pasta fortemente italiano nel suo complesso, nonostante gli elementi siano estranei al nostro concetto di pasta.

    «Gyoza: qua non c’é della pasta ma giochiamo sulle forme e sulle texture, un dessert da ristorante, non un piatto da dessert dining. Un dessert senza zucchero aggiunto, che è un po’ la mia firma in pasticceria. Sfrutto gli ingredienti per le loro caratteristiche anziché aggiungere e coprire il loro gusto naturale.

    «Il gyoza è semplicemente del succo di ciliegia concentrato ed essiccato che riusciamo a chiudere come un raviolo, la masticazione è tra quella di una pate de fruit et un vero gyoza, un po’ chewy. La farcia è un curd, come quello della tarte au citron per intenderci, a base di succo di ciliegia dove sostituiamo le uova con della pectina per avere un gusto più netto e una crema meno grassa. Poggiamo sul gyoza del rafano grattuggiato, ancora piccante, per avere più freschezza oltre all’acidità naturale del frutto. La salsa è un’estrazione naturale di ciliegie a cui aggiungiamo semplicemente dell’olio alla melissa, acido e rinfrescante in via naturale.

    «Il secondo servizio è un richiamo a qualcosa che in Italia conosciamo bene, cioè il gelato spagnola. Abbiamo lavorato una base con delle amarene e del peperone crusco per ottenere un gusto pieno e robusto, quasi affumicato, e lo serviamo con una meringa al satay, un misto spezie a base di arachidi e pepi, e delle ciliegie arrostite e laccate.

    «Qua è puro esercizio  su nuove forme di un dessert al piatto, in veste di pasticciera di ristorante e non chef di un dessert dining. Da Hemicycle credo che i dessert siano privi di etichette come francese, italiano e giapponese, è semplicemente una visione  molto personale di pasticceria.

    «Crepe suzette: qua scardiniamo due classici francesi: le pomme dauphine e la crêpe suzette. L’impasto è una sorta di gnocco di patate con aggiunta di panna montata, che solitamente viene fritto ma noi cuociamo in padella come una crêpe soufflé. La texture ricorda un po’ il gateau di patate napoletano. La salsa della crêpe è a base di pompelmo perché cerchiamo l’amaro e la profondità, quindi zero zucchero come la ricetta classica, riduciamo il succo del frutto come un caramello. L’origano aggiunge balsamicità.

    «La chantilly è la panna e zabaione romana per eccellenza, quindi uno zabaione a base di marsala a cui aggiungiamo poi un liquore alle mandorle amare e panna. È la crema della mia infanzia che mi ricorda le occasioni speciali e le domeniche in famiglia, la coccola che secondo me serve a fine pasto».

    E ora i piatti di Flavio: «Spaghetto del giorno prima. L’idea era quella di ricreare la pasta ripassata in padella del giorno prima, un sapore e una consistenza che ogni italiano ha intrinsecamente nel palato e nella memoria. La sfida era anche quella di giocare con una pasta volutamente troppo cotta, dissacrando il concetto di cottura al dente e, soprattutto, servirla a un pubblico italiano.

    «Lo spaghettino viene servito con un’emulsione di kiwi e olio d’oliva, seppie alla Luciana, seppie crude per creare un gioco di texture con gli spaghetti una volta tagliati a coltello, e della verbena per la parte fresca.

    «Granciporro, santoreggia, prugne fermentate, blend-Hicycle. L’ispirazione nasce vivendo in Francia, osservando come la pasta venga spesso servita come contorno: un sapore neutro, pensato per accompagnare salse, condimenti, carni o pesci. Il granciporro viene cotto al naturale, rispettando i tempi di ogni sua parte per preservarne la delicatezza.

    «Sul fondo del piatto ritroviamo un condimento a base di prugne Lovita fermentate, santoreggia e cagliata di pecora. Prepariamo una sorta di béarnaise di corallo, molto nappante e vellutata, che va a ricoprire il granchio stesso. A completare, un blend aromatico che richiama lo za’atar libanese, ma con un profilo più speziato e pepato, a base di pomodoro: un twist deciso per un piatto estremamente goloso.

    «I ditalini vengono cotti nella bisque di granciporro e disposti all’esterno del crostaceo come accompagnamento. Per creare un contrasto di consistenze, la pasta viene servita molto al dente. Notare bene: da Hemicycle la pasta viene proposta in sala come se fosse una salsa.

    «Riguardo la domanda che ci hai posto, se invece che a Milano fossimo a Londra o Atene cambierebbe qualcosa? Rispondo che il gioco era usare la pasta come elemento centrale e uscire rileggendola in chiave personale, anche dissacrando la sua visione più tradizionale. Lo facciamo a Parigi tutti i giorni e lo faremmo in qualsiasi altra città».

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