“IMPORTANTE! A partire da Ottobre Trippa sarà aperta a CENA dal Lunedì al Venerdì (CHIUSA Sabato e Domenica) e aperta Venerdì a PRANZO”. Lo si legge nel sito dell’insegna di Diego Rossi e Pietro Caroli, annuncio che ha fatto il giro di tutti i social e media italiani tale l’importanza della trattoria milanese. In pratica sei servizi erano e sei continueranno a essere, con la differenza che chiudere per un intero fine settimana ha un impatto mediatico dirompente rispetto l’annunciare un solitario pranzo settimanale il venerdì.
Se andiamo a scorrere i turni dei vari locali troviamo di tutto. A primavera, ad esempio, Giancarlo Perbellini ha deciso che a Verona i 12 Apostoli avrebbero chiuso tre giorni di fila, sabato, domenica e lunedì, per fare vivere serenamente i dipendenti. Altri tre stelle invece spingono sull’acceleratore, forti di un numero importante di cuochi e di camerieri che ruotano tra giorni di impegno e giorni di relax, almeno due a testa, come i Cerea a Brusaporto, dove Da Vittorio serra giusto mercoledì a pranzo.
Eclatante il caso di Massimo Bottura a Modena: l’Osteria Francescana e il Cavallino (a Maranello) non chiudono mai, né a pranzo e nemmeno a cena e di sicuro sfruttano la fama planetaria dello chef e l’universo Ferrari a pochi passi. Ma devi essere in grado di centrare 28 servizi su 28, come un biathleta al poligono di una prova olimpica. La Franceschetta 58 invece si ferma giusto la domenica, mentre le due realtà a Casa Maria Luigia, Francescana e Al Gatto verde, sono troppo isolate in campagna per andare oltre quattro cene, da mercoledì a sabato, più il pranzo domenicale.
Penso anche a Confine, pizzeria che a Milano riesce a imporre a cena due turni, 19:30 e 21:30, per complessivi 150 coperti, una folla cucinata e servita da una brigata di 35 anime che ruotano tra lavoro e riposo, turni che vanno ben oltre lo stop del lunedì per tutti.
Di tutto di più, e a ogni imprenditore la sua scelta. Però trovo pericoloso il messaggio lanciato da Trippa. Una persona maliziosa può leggerlo come una resa ai dipendenti perché è vero che lo stato massacra i ristoratori di tasse e di obblighi, è vero che la manodopera scarseggia ma ridurre il numero di turni e dei coperti non contribuisce ad aumentare fatturato e utili.
Ultimo punto. A Milano, come a Roma e nelle altre città importanti, aprire nel fine settimana è importante ma non vitale, tale il numero di residenti e di turisti. Ma in provincia, nei paesi isolati in montagna o in campagna, nelle stazioni di mare dove si registra folla quasi solo d’estate, che messaggio arriva nelle cucine e tra i tavoli? Che lavorare e spremersi nel fine settimana è da sfigati perché l’eldorado sta a Milano, Roma o Napoli? Si può benissimo lavorare meno e lavorare meglio, ma ritengo che questo valga per il singolo dipendente, il pubblico esercizio deve invece essere in grado di alzare la saracinesca il più sovente possibile.