Strano ma vero: l’Emilia ha un solo albergo 5 stelle lusso (e la Romagna, la sua cugina, pure, a Rimini), il Grand hotel Majestic “già Baglioni” in via dell’Indipendenza a Bologna, a pochi passi da piazza del Nettuno. La tavola felsinea ha un’anima e un’immagina golosa come non mai, ma fatico a considerarla una meta imprescindibile, tradizione o innovazione che sia. Un prato con pochi fiori, uno sbocciato l’autunno scorso quando, a inizio ottobre, il Majestic ha cambiato pilota elevando Agostino Schettino a prima guida.
Un lustro come pasticciere gli hanno permesso di prendere bene le misure di uno spazio intitolato ad Annibale Carracci, pittore bolognese della seconda parte del Cinquecento, che ha lasciato la sua impronta anche lì. Si pranza o cena sotto affreschi che raccontano il mito di Fetonte, nella mitologia greca il figlio del dio del sole. Come essere nella sala di un museo e questo carica di responsabilità Schettino e chi lavora con lui. E’ come se i piatti debbano per forza essere all’altezza del luogo, la bellezza unita alla bontà. Cosa che non ricordo in passato. Le stanze sì, i piatti no.

Agostino ha trentadue anni e arriva da Castellamare di Stabia. Come per la stragrande maggioranza dei colleghi campani, il suo tasso di golosità è elevato e innato, con in più la capacità di tenere a freno l’uso eccessivo di condimenti. Non basta, si interfaccia bene con Bologna e con lo stesso Carracci artista. Magari non bado molto alla carta delle acque perché troppo sovente un mero sfoggio di etichette, a me basta avere la scelta tra le tre classiche intensità di bollicine, e a quella dell’olio pur se Antonietta Mazzeo di Olioè ha calato un poker importante tra il quale scegliere, con tre diversi gradi di intensità. Promossa.
E a maggior ragione promosso Schettino che si esprime attraverso…
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