Terza sede per Identità Golose a Milano. Dopo Palazzo degli Affari, per le quattro edizioni iniziali, e il Mico in via Gattamelata per altre quindici, alla ventesima tutti all’estremità opposta, nel padiglione nord dell’Allianz Mico in viale Scarampo. Nuova struttura e, inevitabilmente, nuovo auditorium, un palco in spazio aperto e non chiuso come nei due casi precedenti.
Nelle passate sale, eri isolato dall’area espositiva e le cuffie le usavi solo per ascoltare le traduzioni. Adesso invece le si indossavano sempre, sia per ascoltare il relatore di turno sia per isolare il rumore di fondo, importante come l’afflusso di congressisti e visitatori. E nei tre giorni trascorsi lì, da sabato 22 a lunedì 24, accanto al main stage mi sono sovente chiesto perché quel fragore non mi desse fastidio, anzi mi era famigliare.
La risposta: perché per mezzo secolo ha lavorato in luoghi rumorosi, stadi di calcio, le tribune come le sale stampa e gli spogliatoi, arrivi delle gare di sci, al gelo anche quando splendeva il sole, ma anche la redazione e la tipografia del Giornale quando si avvicinava la chiusura. Molto cambiò quando i computer, prima quelli fissi in sede e poi anche quelli portatili, iniziarono a sostituire le macchine per scrivere e il loro ticchettare che a volte poteva trapanarti il cervello per il fastidio. Prima testata in assoluto La Stampa di Torino, dicembre 1983.
Pian piano tutti passarono da apparecchi rumorosi perché meccanici ad altri silenziosi, dai martelletti ai byte. Però la bolgia di uno stadio calcistico è tuttora parte integrante dello svolgimento di una partita, c’era, c’è e sempre ci sarà. Pur se l’avvento del computer ha pensionato la dettatura a braccio, resta il lavorare per un paio d’ore come in una centrifuga.
Ricordo che ai Mondiali calcistici di Francia ’98, le sale stampa erano ormai silenziose e ci si concentrava senza fatica sull’articolo che dovevi scrivere. Quella di Parigi era grande come non mai. Un pomeriggio si sentì all’improvviso qualcuno ticchettare e fu per tutti come viaggiare indietro nel tempo. Calò letteralmente il silenzio. Era un collega polacco che doveva inviare dei pezzi via fax perché il suo portatile era incompatibile con il sistema di quel certo editore.
Paradossalmente fece più rumore lui, da solo con la sua macchina, che le centinaia di portatili di una volta, anche perché a eventi come i mondiali di calcio o le olimpiadi, a ogni ora del giorno e della notte c’è qualcuno che lavora e scrive per via dei fusi orari differenti. Non chiude mai. E anni e anni dopo, è tornato a farmi compagnia quel sottofondo poderoso.