Martinsicuro è il primo comune abruzzese – e teramano – che si incontra non appena superata la foce del fiume Tronto, corso d’acqua che un tempo divideva il regno borbonico dallo stato pontificio, poi le Marche dall’Abruzzo. Lì, quasi sul mare, si trova un locale che dal nome, se non lo conosci proprio, pensi sia di cucina cinese e ben poco importante: Leon d’oro. Errore: pesce, e che pesce, freschissimo, davvero appena pescato perché o le barche della vicina marina di San Benedetto del Tronto sono uscite la sera prima o niente scorciatoie, i titolari non aprono.
Possibile si chiedono in tanti? Sì, assolutamente. Basta avervi pranzato o cenato una volta, in via Aldo Moro, per cogliere al volo il motivo: la materia prima è tutto, in un locale che era così negli anni Settanta e che in pratica tale è rimasto, salvo i lampadari attaccati al soffitto, sostituiti più o meno di recente. Nessuna concessione a moderne tecniche di cotture, fuoco a gas sotto padelle e pentole in alluminio di ogni misura, no sushi e nemmeno ceviche, alghe e fermentazioni, luci che certo non sono griffate Groppi, bicchieri di vetro che scheggi solo a martellate, vetrinette per bottigliette mignon un tempo in auge nei frigobar d’albergo e alla stadio. A voi, a ognuno la scelta tra sostanza e apparenze.
Gli attuali titolari sono lì dal 1979. Franco De Cesaris, della stessa Martinsicuro, classe 1957, e Silvano Rongoni, fermano, classe 1956, si sono conosciuti all’alberghiero di San Benedetto, Sbt per chi è di lì, e in pratica sono subito passati ai fatti rilevando il Leon d’oro quando in due non sommavano quarantacinque anni. Sono lontani anni luce dal prototipo del cuoco tutto stage, filosofie mentali e contaminazioni con le cucine del mondo. In pratica sono il tramite più diretto possibile tra il pescato e pulito e il cucinato e servito. Sughi al minimo, tracce o poco più di…
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