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Paolo Marchi
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    Marchi di Gola

    Teresa a Tricase: crudi, tradizione salentina e un superbo concentrato

    20 Agosto 2018

    Teresa Zocco è una forza della natura, 73 anni, quattro figli e un ristorante-pizzeria, i Fornelli di Teresa, in una strada defilata, zona stazione ferroviaria, di Tricase nel Basso Salento, tra Maglie e Leuca. Ha aperto nemmeno un lustro fa in via Tartini 17, telefono +39.0833.770312, e si è piazzata in cucina, con il figlio Gerardo che di giorno cura il negozio di pasta fresca in via Roma e la sera governa il forno delle pizze, proposte in quattro impasti diversi, farina bianca, integrale, kamut e farro.

    Non me ne vogliano Teresa, Gerardo e le tre figlie, Rosanna, Luana e Casterina, ma dovrebbero fare un corso per imparare a valorizzare i loro piatti, improntati alla tradizione più autentica e sincera del territorio salentino. Nulla da spartire con le banalità per turisti che trovi un po’ ovunque. Non sarò mai abbastanza grato a Antonio Guida, tricasino di Depressa, una frazione fuori mano che fa corsa a sé. Lo chef del Seta a Milano ha pensato bene di fissare una cena tra amici per farci conoscere le radici della tavola locale grazie alle sapienze secolari di Teresa. Sezna di lui, chissà quando.

    Davvero una cena ottima, di quelle che sai quando iniziano ma non quando terminano perché spunta sempre qualcosa che cattura la tua attenzione, all’inizio più cibo, più avanti più vini e liquori. Subito una puccia da applausi scroscianti, un pane basso e croccante, arricchito con verdure dell’orto e in mezzo a un grande tavolo un tesoro di crudi di mare: noci, ostriche, cozze pelose, scampi, gamberi bianchi e gamberi rossi di Gallipoli. Pura gioia.

    Poi il cotto a iniziare dalla Paparotta, eccellente piatto povere: pane raffermo fritto, fagioli cannellini e cime di rapa. Lo so, non sarebbe stagione, ma le ragazze Zocco le abbattono quando è stagione e ne godi anche in agosto. Poi la cosiddetta papalina saltata in padella con olive nere, il verde del papavero o rosolaccio del fiocco, quindi il finocchio marino marinato e passato in tegame. Due primi: Sagne incanulate al pomodoro, poi Ciceri e tria. Le prime le puoi trovare buone anche altrove, pasta e ceci difficilmente perché non è facile trovare un equilibrio tra le fettuccine bollite e quelle fritte, nonché la crema di ceci (ciceri) a legare il tutto.

    Ma il capolavoro si è rivelato il concentrato di peperoni rossi, rigorosamente casalingo, 90% peperoni e il resto pomodori, il tutto fatto anche sul fuoco per una mezzora, poi passato e filtrato e solo a quel punto steso in larghe teglie messe al sole per due o tre giorni per la definitiva concentrazione. Tutto di chiara comprensione, a patto di avere pazienza perché la crema va girata spesso. Guai lasciare per ore lo stesso lato al sole, lo strato sotto fermenta facilmente e finisce che si butta via tutto. Errore capitale.

    Nella foto al centro, in prima fila, da destra verso sinistra, Antonio Guida, la padrona di casa Teresa Zocco e il sottoscritto Paolo Marchi. Alle nostre spalle: Federico Dell’Omarino, sous chef di Guida, lo chef Wicky Priyan e Piero Di Turi del corpo docente di Alma.

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