Pietro Zito, cuoco contadino a Montegrosso d'Andria: «La terra, uno se la porta dentro per sempre». Copy Antichi Sapori
Più di quarant’anni fa chiesero a Giampiero Boniperti, presidente della Juve, se alla riapertura delle frontiere ai calciatori stranieri, il suo club ne avrebbe acquistato uno giovane sul quale investire o un trentenne di pronta resa. Risposta: «Lo prenderemo bravo». Mi è venuto in mente perché a tavola, pur amando creatività e innovazione, non ho mai considerato buona una preparazione solo perché nuova. E così con la tradizione, che ha senso e valore se sincera, portatrice di storie reali e materie prime naturali, autentiche. Se il giocatore doveva essere bravo, il pasto deve essere buono.
Mi è tornato questo in mente perché, poco prima del covid, spezzai un viaggio da Milano a Leuca fermandomi a cena agli Antichi Sapori di Pietro Zito a Montegrosso d’Andria. Pietro mi fece un favore perché il locale era preso da una condotta Slow Food che desiderava mangiare Fave e cicoria come veniva fatta anni e anni prima, quando i legumi non venivano nemmeno decorticati. Bolliti in acqua e verdure, erano ben lontani dal piacere della tavola. Però il Purè di fave e cicoria affonda le sue radici in quella sorta di minestrone acquoso, perché ignorarlo?

E così eccomi chiamare Pietro per farmi racconta la storia: «Anticamente chiamata anche Capriata alla Martinese con verdure e fave intere stracotte nella pignatta di terracotta, con la loro buccia privata del nasello, era un piatto preparato dalle famiglie contadine di un tempo, le quali cercavano di soddisfare la fame con le proteine della carne, la fibra degli ortaggi stagionali e il pane raffermo».
Anticamente era un piatto della sopravvivenza, in cui le massaie, dopo un lungo ammollo delle fave intere con la buccia, ammollo che durava tutta una notte, veniva eliminato il nasello, ovvero la parte nera, per poi metterle a cuocere in un coccio di terracotta con abbondante acqua e una…
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