Giovedì scorso, 19 giugno a Torino, avrei fortemente voluto che a vincere l’edizione 205 dei World’s 50 Best Restaurants fosse l’Asador Etxebarri di Victor Arguinzoniz nei Paesi Baschi, secondo per il secondo anno consecutivo. Da quando esistono i Best of the Best, club aperto a tutti i vincitori anche per una volta sola, dal 2019 è automatico che chi vince passai in questa hall of fame e non può essere più votato. La cosa toglie mordente perché è facile immaginarsi come andrà a finire. Fino a Torino. Stavolta la vittoria di Maido ha sparigliato le carte.
Ma l’Etxebarri resta il mio vincitore morale, per un motivo molto semplice e che pochi notano o fanno finta di non notare: è la sola insegna è non avere un pr che si muove dietro le quinte e tesse trame a favore del proprio cliente. La cosa è più che legittima, però tra mille e mille immagini torinesi, la più intensa e vera è avere visto Victor e il suo sommelier, Mohamed Benabdallah, lasciare il Lingotto verso le 22:45 in perfetta solitudine per raggiungere un taxi e rientrare in albergo, lasciando le feste agli altri. Per inciso, parliamo di un cuoco che ha 65 anni e che si impegna sul lavoro dal 1989, braci ardenti, caldo assoluto da trentasei anni. Se non merita lui un oscar alla carriera, chi?